L’autunno non é una stagione, ma uno stato d’animo
Mi piacerebbe che inventassero i cerotti per le ferite dell’anima. Quelli soliti e quelli liquidi, che magari entrano ancora piú nel profondo. E che gli esseri umani a volte potessero avere la capacitá di leggere la mente, ma solo per le questioni del cuore. Ci sono parole che difficilmente diciamo e specchi che non é facile guardare. Ci sono momenti nella vita in cui sei davvero in basso e non é facile rialzarsi. L’autunno é un momento di riflessione. Basta sedersi in mezzo al bosco e osservare gli alberi che cambiano colore, per rendersi conto che il tempo é arrivato. É un autunno che nasce fuori, tra l’erba ancora bagnata, nei ruscelli cristallini e nelle fronde rossicce, ma poi si trasferisce dentro a noi, dimostrando di non essere solo una stagione neutrale, bensí una sorta di sfida, che a fasi alterne tutti dobbiamo affrontare.
Tristezza, nostalgia, malinconia, voglia di solitudine fanno un po’ parte di ogni autunno. Non é un caso che finalmente riesca a connettermi con tutte le meditazioni salvate nel cellulare e lo schermo del computer faccia andare solo immagini di boschi e radure coperte dal foliage. Alcuni dicono che l’autunno non é una stagione, ma uno stato d’animo. Un momento in cui percepisci il bisogno di lasciar andare e forse perdoni anche te stesso. Portiamo sulle spalle zaini pieni di pietre e non vogliamo dimenticare, rimanendo cosí attaccati a situazioni che, giá da tempo, avremmo dovuto lasciar andare. Siamo come cozze nello scoglio, semplicemente passive e immuni al tempo, preferiamo non saltare per paura di farci male, non rendendoci conto di tutte le situazioni che, cosí facendo, perdiamo.
Si è spesso visto il foliage autunnale e l’autunno in sè – per quanto meraviglioso – come una metafora della morte e del decadimento in accezione del tutto negativa. Eppure in questi giorni amo stare a casa ancora piú di prima, pigiamone e caffé a portata di mano, tanta voglia di pettinare i capelli lunghissimi della mia Sofia e pensare solo a cose belle. É come se mi stessi preparando a una sorta di nascita, sommessamente, nell’invisibile, negli intermezzi di quei fruscii delle foglie che si salutano, cadendo, io ritrova me stessa. Lascio andare, perché é giusto cosí, mi perdono, perché mi merito un’altra possibilitá e semplicemente non do piú importanza a chi vuole riempirmi di sensi di colpa. Noi donne siamo maestre nel farlo, ci puniamo all’inverosimile, con pensieri e parole che, alla fine, portano solo a una tristezza immane.
Le nostre trame di vita sono individuali e cosí splendidamente colorate, da intersecarsi in modo perfetto. In fondo facciamo tutti parte di uno stesso piano, anche se non ce ne rendiamo conto. Mi piace pensare che “Noi siamo inverni, siamo primavere, siamo estati, siamo autunni. Siamo stagioni psichiche che ritornano, sempre, intermittenti. Le cose più essenziali e durature crescono nel buio, nel silenzio, nell’invisibile. L’autunno prepara quella primavera che verrà.” Credo ci sia davvero un autunno psichico, un autunno interiore che nasce nel cuore e fa colorare le guance di rosa, il naso porpora e gli occhi diventano ancora piú chiari. Ci spinge a essere curiosi, uscire e trovare quello che stiamo cercando: persone, momenti, successo, pazienza, calma. Una sorta di catarsi che, semplicemente, deve accadere.
Forse in questa stagione la psiche ha bisogno di piú introversione. Mene cellulare, PC e parole, con chi non capisce. Piú attenzione per noi stessi, per un tempo lento e di qualitá, per l’essenziale che spesso perdiamo di vista. Le foglie rosse ci insegnano come morire, l’autunno invece, come rinascere.